Energia: col sole, costa meno

Mario Pagliaro

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Il primo impianto fotovoltaico italiano senza incentivi con accordo di ritiro dell’energia di durata decennale (Photo credit: Manni Energy).

Con il collegamento alla rete elettrica realizzato in questi giorni del primo impianto fotovoltaico utility-scale (un insieme di 5 impianti poco distanti l’uno dall’altro fra le colline della vastissima provincia di Agrigento, in Sicilia, per complessivi 17,6 milioni di watt di potenza a pieno sole) in regime di sola vendita dell’energia, l’Italia entra pienamente nell’epoca solare. Quella in cui la generazione di elettricità su vasta scala utilizzando l’energia solare è più economica di tutti gli altri modi di generare l’energia più utile e preziosa: quella elettrica.

I proprietari dell’impianto si remunerano attraverso un accordo di vendita dell’energia (power purchase agreement, Ppa) di durata decennale. L’acquirente dell’energia a sua volta si remunera rivendendo sulla Borsa elettrica — senza sussidi o incentivi di sorta — l’energia prodotta dall’impianto fotovoltaico.

Guardando alla natura economica dell’accordo è facile comprendere come generare elettricità con il fotovoltaico nel 2019 in Italia sia ormai il modo più conveniente e remunerativo di farlo.

Il prezzo orario dell’elettricità si forma infatti sulla Borsa elettrica il giorno prima di quello in cui sarà consumata: se il prezzo (in euro per megawattora) offerto dai produttori non risulta più basso dei concorrenti, si finisce fuori mercato e l’energia non viene venduta lasciando spento il corrispondente impianto di generazione.

Il Ppa che regola gli aspetti economici del nuovo impianto siciliano fornisce al produttore ricavi stabili e prevedibili per la vendita di energia elettrica da parte dell’acquirente, attraverso un prezzo minimo fisso e garantito. Se poi l’acquirente dovesse guadagnare più di quanto convenuto fra le parti, ecco che condividerà col produttore una parte degli ulteriori guadagni (meccanismo di upside-sharing).

I benefici per i cittadini e i consumatori di energia sono di due tipi: economici ed ambientali.

Economici perché l’impianto, interamente autofinanziato, non solo non riceve sussidi ma contribuirà a far scendere il prezzo dell’energia nella zona “Sicilia” della Borsa elettrica che proprio durante le ore diurne della giornata continua ad essere sensibilmente più elevato di quelle delle altre zone del Paese in cui è diviso il mercato elettrico.

Ambientali, perché ogni singolo chilowattora viene prodotto senza bruciare combustibili, senza fumi e senza vibrazioni, contribuendo a far diminuire ulteriormente le ore di funzionamento annue delle centrali termoelettriche siciliane, alcune delle quali vanno ancora ad olio combustibile.

Questo meccanismo incentiva il produttore a massimizzare la produzione di energia. Ed infatti i moduli (i pannelli) dell’impianto, di ultimissima generazione certificati per durare almeno 30 anni, generano energia da ambo i lati del modulo (pannello bifacciale) e sono montati su semplici quanto efficaci inseguitori monoassiali del sole. Risultato: da 17,6 MW di potenza sono attesi 34 milioni di chilowattora ogni anno. Ovvero, quasi 2000 (1932) ore di funzionamento annue dell’impianto alla massima potenza.

Naturalmente, vendere l’energia è tanto più remunerativo quanto più alto è il prezzo riconosciuto sul mercato ai chilowattora in vendita. E siccome, in Sicilia come nel resto d’Italia, ormai da tempo il prezzo più alto si consegue nelle ore comprese fra le 18.00 e le 21.00, attendetevi a breve i primi impianti fotovoltaici utility-scale collegati a grandi sistemi di accumulo con batterie agli ioni di litio con cui i produttori di energia rinnovabile porteranno fuori mercato le centrali termoelettriche anche la sera.

 

La tutela del territorio? Energia solare e tecnologie smart city che funzionano

di Mario Pagliaro

Schermata 2018-07-24 alle 12.17.52Cefalù, 24 Lug – “Che cosa siano queste tecnologie della smart city”, ripeteva un paio di anni fa all’ennesimo convegno sul tema l’allora Sindaco di Perugia, “io e i miei colleghi non lo abbiamo ancora capito”.

Sicilia. Strada statale SS 624 ‘Palermo-Sciacca’, una delle più importanti dell’isola perché collega il Nord e il Sud della regione più grande d’Italia. Che è anche sede del maggiore patrimonio storico-artistico del Paese, ma ospita un numero di turisti che è una frazione di quelli ospitati ogni anno dalle spiagge della riviera adriatica.

​Luglio 2017. Da anni, tutte le aree di sosta si riempiono di grandi quantità di rifiuti: tanto urbani che provenienti dai cantieri edili. I Comuni nelle cui aree ricadono le tante piazzole in questione non ce la fanno più a sostenere i costi di pulizia.

Inizia un contenzioso con la società dello Stato che gestisce la strada su chi debba essere a pagare ogni mese le decine di migliaia di euro necessarie a raccogliere e conferire le enormi quantità di rifiuti che si accumulano già nel corso di pochi giorni.

Dopo numerosi sforzi, i Sindaci delle tre municipalità confinanti e la società delle strade dello Stato riescono nel loro intento: vengono installate 8 telecamere dislocate su 7 aree di sosta che ricadono nei tre territori comunali in questione, dal km 17 di Portella della Paglia al km 32,500, nei pressi di Borgo Borzellino.

Schermata 2018-07-24 alle 12.22.39Le telecamere, però, non sono collegate alla rete elettrica con i conseguenti costi fissi del contatore e poi dei kWh consumati ogni mese. Ma sono alimentate solo con energia fotovoltaica generata ogni giorno da due pannelli da 260 W posti sulla sommità del palo. La testa del palo ospita anche, in un vano impermeabile, una batteria la cui capacità di accumulo dell’energia è stata scelta in modo da garantire il funzionamento del sistema di videosorveglianza anche con due giornate consecutive di nuvole.

I pannelli fotovoltaici generano corrente continua in bassa tensione: è ideale per ricaricare continuamente le batterie durante il giorno usando dei dispostivi elettronici di controllo che fanno affluire l’energia dai panelli alla batteria in modo controllato. Ogni telecamera assorbe 60 W di potenza in continuo. Basta moltiplicare per le 24 ore della giornata per ottenere un consumo energetico giornaliero di 1,44 kWh (chilowattora). Che adesso è interamente gratuito.

Ciascuna telecamera è dotata di una scheda SIM che, attraverso la rete di telefonia mobile, invia le immagini alla sala operativa della Polizia municipale di San Giuseppe Jato, uno dei tre Comuni interessati. Da qui le riprese, attive 24 ore su 24, sono a disposizione anche degli altri comandi della Polizia municipale dei Comuni di San Cipirello e Monreale.

In pratica, i gesti di qualsiasi malintenzionato che volesse buttare abusivamente rifiuti nell’area in questione adesso vengono ripresi e registrati. Anche di notte: la telecamera, infatti, è in grado di distinguere persone e targhe anche al buio.

A pochi giorni dall’entrata in servizio delle telecamere, il fenomeno delle discariche abusive sull’importante strada di collegamento è azzerato.

Al servizio dei Comuni

PHOTO-2018-07-23-23-31-35Un anno dopo, però, continua ad affliggere pressoché tutti i Comuni della Sicilia. Ma da ieri Cefalù è il primo Comune siciliano a far uso, in località Campella sulla strada provinciale 136, del nuovo sistema per la tutela del paesaggio e del territorio interamente alimentato ad energia solare. Di nuovo: senza alcun costo per il Comune ma con importanti benefici per tutti.

Cefalù infatti, insieme a Taormina e a Sciacca, è la principale località turistica della Sicilia. E l’annoso fenomeno di devianza sociale delle discariche abusive, oltre a costituire un problema ambientale e sanitario, è anche economico: perché limita la crescita qualitativa e quantitativa del turismo.

Si vede dunque come il fotovoltaico, abbinato alle nuove tecnologie dell’energia e a quelle dell’informazione e della comunicazione, sia una tecnologia al servizio dell’ambiente e dello sviluppo economico e sociale.

PHOTO-2018-07-23-23-31-37All’inizio di quest’anno abbiamo ospitato il professore Mario Pagliaro del Cnr alla conclusione del progetto europeo ‘Step by Step’ sul risparmio energetico, seminario coordinato dall’architetto Salva Mancinelli, già Esperta alla Green Economy del Comune e ora consigliere comunale”, dice il Sindaco di Cefalù, Rosario Lapunzina. “Fu lui a parlarci dello straordinario successo che questi sistemi stavano registrando sulla SS 624, la Palermo-Sciacca, dove hanno azzerato il grave fenomeno delle discariche abusive”.

La mia Amministrazione” conclude Lapunzina, “da anni promuove iniziative e progetti sulla sostenibilità ambientale, grazie anche al lavoro svolto dall’Arch. Mancinelli, e oggi con l’installazione della videocamera a energia solare sceglie la via della prevenzione, ancor prima della repressione. Ringrazio il professore Pagliaro per la grande disponibilità nel suggerire e seguire questo progetto innovativo per la nostra Città, primo Comune in Sicilia nell’adottare il sistema di prevenzione delle discariche abusive basato sulla telesorveglianza a energia solare”.

L’allora Sindaco di Perugia ne converrebbe: adesso capisco a cosa servono le vere tecnologie della smart city.

Photogallery Cefalù

 

Il sale, dono del sole alla Sicilia

Mario Pagliaro

9-Apr-2018 – Sconosciuta per dimensioni e qualità dei suoi prodotti a gran parte degli stessi siciliani, la Sicilia ospita lungo un ampio tratto delle coste di Trapani e Marsala un’antica quanto solida industria del sale marino.

Cui si aprono oggi ulteriori grandi prospettive (inclusa, ma questa è un’altra storia che affronteremo a suo tempo, la produzione del litio necessario ai moderni accumulatori dall’acqua di mare).

51vRKJL-4uL._SX357_BO1,204,203,200_.jpgSulle saline che ne costituiscono le ‘fabbriche’ esistono libri e reportages di scrittori e giornalisti che vengono a visitarle da tutto il mondo insieme a numerosi turisti.

Ricordiamo soltanto Saline di Sicilia commissionato a Gesualdo Bufalino, che lo scrittore siciliano curò per Sellerio raccogliendovi i contributi di numerosi studiosi proprio 30 anni fa: nel 1988.

La coltura del sale vi viene realizzata da oltre due millenni.

Nella seconda metà del XIX secolo rende ricca la provincia di Trapani, le cui élites hanno attivamente sostenuto lo sbarco di Garibaldi a Marsala.

E infatti, la nazionalizzazione delle saline italiane del 1861 risparmia proprio la provincia di Trapani, le cui saline già ascritte al patrimonio dell’impero al tempo di Federico II, resteranno fino ad oggi di proprietà privata.

Prospettiva bioeconomia

Quella del sale integrale siciliano ottenuto solo per azione del sole e del vento è un esempio eminente delle potenzialità della bioeconomia che deve essere conosciuto meglio, e più da vicino, proprio dai siciliani che hanno nell’economia solare e nella bioeconomia il loro futuro economico e sociale.

La coltura del sale vi viene realizzata da oltre due millenni. Nella seconda metà del XIX secolo rende ricca la provincia di Trapani, le cui élites hanno attivamente sostenuto lo sbarco di Garibaldi a Marsala.

E infatti, la nazionalizzazione delle saline italiane del 1861 risparmia proprio la provincia di Trapani, le cui saline già ascritte al patrimonio dell’impero al tempo di Federico II, resteranno di proprietà privata.

Una geniale coltura ad energia solare

In breve, in primavera vengono puliti gli invasi e riparati gli argini. Si aprono quindi le chiuse e si riempie di acqua marina la vasca più esterna di raccolta a ridosso della costa.

Le vasche  più interne si riempiono progressivamente sfruttando le maree, la lieve pendenza e apposite canalizzazioni, mentre sole e vento fanno evaporare l’acqua  progressivamente convogliata nelle due aree intermedie, quelle “di coltivo”.

L’intera area è una delle più ventose del Mediterraneo. E l’energia del sole sotto forma di vento non coadiuva soltanto l’evaporazione, ma in passato veniva catturata dai mulini a vento che mettevano in moto le chiuse e facevano girare le macine per frantumare i cristalli e ottenere il ‘sale fino’.

L’ultima vasca è quella in cui avviene la cristallizzazione.

L’ordine successivo delle vasche a concentrazione crescente riduce drasticamente la presenza di composti indesiderati come i carbonati e il solfato di calcio (il gesso) di cui sono ricche le acque sulfuree della zona.

Alla fine di Giugno, sulla superficie dell’acqua dell’ultima vasca ormai quasi interamente evaporata affiora il ‘fior di sale‘ che viene raccolto a mano dai salinai in primo raccolto a Luglio e rovesciato accanto alle vasche dove i cumuli di sale sono coperti con coppi in terracotta per liberarlo dell’umidità residua.

Il ‘fior di sale‘ è poi commercializzato come uno dei migliori sali al mondo. A Settembre, parte la seconda raccolta di tutto il sale depositato sotto forma di cristalli compatti sul fondo. In caso di prolungata siccità (come l’anno scorso), è possibile addirittura un terzo raccolto nel mese di Ottobre.

La rinascita con la Regione Siciliana

Schermata 2018-04-09 alle 10.15.43E’ la Regione Siciliana, grazie ad un semplice decreto assessoriale del 1995 che istituisce la Riserva regionale orientata delle Saline di Trapani e Paceco su 986 ettari, poi affidati in gestione al WWF, a dare il via alla rinascita delle saline la cui produzione nel dopoguerra era stata messa in crisi dalle produzioni industriali delle miniere tanto europee che extraeuropee.

La Regione finanzia infatti l’80 per cento dei costi sostenuti dai proprietari delle saline interessati a restaurare gli interi impianti delle saline. Soltanto nel 2003, il WWF aveva già approvato progetti per rifare saline, mulini e case dei salinai per un importo di quasi 11 milioni di euro.

Venti anni dopo, l’industria del sale biologico ottenuto con il solo ausilio dell’energia solare e del lavoro manuale genera ogni anno un fatturato di svariati milioni di euro e dà lavoro a centinaia di persone, con una produzione in costante crescita che già nel 2012 si attestava fra le 120mila e le 150mila tonnellate nella sola provincia di Trapani (che include Marsala).

Il boom con la domanda globale di naturals

Il sale integrale viene venduto a prezzi oltre l’euro al chilogrammo, per due usi principali: alimentari e cura della persona.

E siccome siamo nell’epoca di Internet, molte saline utilizzano proprio il Web per raggiungere direttamente i clienti, senza bisogno di intermediari.

Alla fine degli anni ’90, a trainare la rinascita dell’industria delle saline siciliane è la domanda di sale naturale di alto pregio proveniente dai consumatori europei (Svizzera, Francia e Germania) e giapponesi prima; e da tutto il mondo oggi, con la domanda dalla Cina in continua crescita.

Al posto del sale sbiancato, raffinato e con gli additivi antiagglomeranti, i clienti vogliono sale marino integrale. 

Che gli viene venduto  in confezioni che vanno da 100 grammi sino alla confezione da 1000 kg adatta ai ristoranti come alle aziende casearie o della lavorazione del pesce azzurro o delle carni (per la precisione, il disciplinare IGP parla di confezioni in appositi imballaggi per uso alimentare con sigillo di garanzia non riutilizzabile e di capacità di 100 g, 120 g, 250 g, 500 g e 750 g, e poi 1 kg, 2 kg, 5 kg, 10 kg, 25 kg e 1000 kg).

Sale integrale certificato IGP

A rendere infatti unico il sale integrale siciliano è la sua composizione: invece che di cloruro di sodio raffinato al 99,9% proveniente dalle miniere di salgemma o dall’iniezione di acqua nei depositi sotterranei, il sale marino è composto al 97-98% di cloruro di sodio insieme a molti altri elementi che hanno una provata azione benefica sull’organismo, tutti presenti in forma salina facilmente bioassimilata dall’organismo: magnesio (400-420 mg il fabbisogno giornaliero di uomini adulti, e 310-320 mg per le donne), potassio, zinco, ferro, manganese, calcio, zolfo, rame e cromo e persino il litio.

15504867886_454d75b1dc_oPer riportare in etichetta l’Indicazione Geografica Protetta “Sale Marino di Trapani” (PDF) una certificazione pubblica che esiste dal 2011, il sale dovrà essere stato ottenuto nell’area geografica delimitata a Sud da Marsala, a Nord da Trapani, ad Ovest dal mare (incluse le Isole dello Stagnone di Marsala: Isola Grande, Isola di Mothia, Isola Santa Maria), e ad Est dalla strada statale 115 , ed avere la seguente composizione:

  • Residuo insolubile < 0,2%
  • Umidità residua < 8%
  • Cloruro di sodio  >97,0%
  • Magnesio < 0,70%
  • Potassio < 0,30%
  • Calcio < 0,40%
  • Solfati < 1,5%
  • Ferro < 20 mg/kg (ppm)
  • Piombo < 1,5 mg/kg (ppm)
  • Zinco < 1 mg/kg (ppm)
  • Rame < 1 mg/kg (ppm)
  • Cromo  < 0,15 mg/kg (ppm)
  • Mercurio < 0,05 mg/kg (ppm)
  • Cadmio < 0,15 mg/kg (ppm)
  • Arsenico  < 0,1 mg/kg (ppm)
  • Iodio > 0,70 mg/kg (ppm)

Vietata l’aggiunta di additivi, sbiancanti, conservanti e antiagglomeranti.

Nei centri benessere, il sale marino di Trapani è largamente usato per gli effetti benefici sulla pelle.

Definito “un vero farmaco“dalle riviste di medicina alternativa trova largo uso nell’haloterapia per realizzare la stanza di sale: ovvero un locale completamente rivestito di puro sale marino, in cui viene diffuso con un nebulizzatore un aerosol di sale secco attraverso la frantumazione meccanica di cristalli di sale (normalmente di salgemma per evitare di respirare le piccolissime quantità di mercurio che sono presenti nel sale marino).

L’inalazione dell’aerosol di sale purifica le vie respiratorie e aiuta a combattere l’asma, le bronchiti, le infiammazioni dovute alle polveri sottili e molto altro, inclusi i dolori reumatici.

Approfonditi studi medici recenti condotti in Israele, ad esempio, ne confermano l’efficacia sui bambini affetti dall’asma.

Ambiente? Sviluppo economico

Schermata 2018-04-09 alle 10.47.49Nel 1996 i turisti erano 250” ricordava in un incontro pubblico a Trapani nel gennaio del 2016, l’ambientalista e ornitologa siciliana Anna Giordano appena tornata a guidare la Riserva “oggi sono 12mila.

“Cinque nuove specie di uccelli hanno iniziato a nidificare. La vegetazione ha riconquistato molte aree perdute. Il numero di uccelli si è moltiplicato: solo nel caso degli aironi bianchi è passato dai 4 del 1996 ai 100 del 2006.

“Sono cessati l’abusivismo edilizio, il bracconaggio, le discariche abusive e tanti altri usi illegali del territorio.

“Abbiamo appena autorizzato la costruzione di una nuova salina e la produzione solo nella nostra Riserva è passata da 50.000 tonnellate del 1996 a 110/120.00 tonnellate nel 2015.

“La tutela dell’ambiente — ha concluso — è sviluppo economico“.

Autentico e durevole, aggiungiamo noi.

E così — mentre i turisti si accingono a riusare anche quest’estate il trenino che attraversa la Via del Sale lì dove poco più di 20 anni fa si praticavano il motocross e la pesca abusiva — la Sicilia scopre concretamente nella bioeconomia, nell’energia solare e nella cura del territorio la via al suo nuovo e prossimo sviluppo.

Illuminare con le strisce LED? Sì, grazie

di Mario Pagliaro e Mario Pecoraino

striscia led28-Feb-2018. La tecnologia di illuminazione elettronica basata sui diodi ad emissione luminosa (LED) ha rivoluzionato il modo di illuminare gli ambienti. Tanto interni, che esterni. La natura quasi puntiforme dei diodi, assemblabili in un continuum di forme che richiama chiaramente il Kandinskij di ‘punto-linea-superficie,’ rende possibile realizzare sorgenti di illuminazione appunto puntiformi, ma anche lineari, superficiali e tridimensionali

Fra le nuove soluzioni più apprezzate dagli utenti della luce ci sono proprio le strisce LED flessibili che attraverso uno spessore di pochi centimetri consentono di illuminare ambienti piccoli e grandi senza dover più ricorrere a ingombranti lampadari o a lampade verticali.

Con lo sviluppo accelerato della tecnologia LED, infatti, le strip hanno smesso di essere utilizzate per la creazione di ambienti con illuminazione soffusa, ed hanno iniziato a sostituire i vecchi tubi neon e quelli fluorescenti diffusi tanto nelle aziende, nelle scuole e negli studi medici e professionali che nelle cucine, nei soggiorni e nelle camere da letto.

Nei pochi casi in cui a condurre il retrofit dell’illuminazione sono stati i lighting designer, i risultati sono stati e sono eccezionali. Ma nella gran parte dei casi, l’esito continua ad essere insufficiente tanto in termine di qualità e quantità della luce, che di prestazioni del nuovo impianto in termini di durata ed affidabilità.

Vediamo dunque quali sono le 3 caratteristiche che devono avere le strisce a LED per realizzare con successo il passaggio dalla vecchia alla nuova illuminazione. I prezzi, infatti, variano da 2 ad oltre di 20 euro al metro: ma senza una conoscenza di base della nuova tecnologia, è più che verosimile — specie in Italia, e specie nel Meridione — che anche i prodotti più costosi risultino insoddisfacenti.

Primo: Sorgenti luminose LED di qualità (alimentate a 24 V)

led a casaLa prima necessità è che le sorgenti luminose — i chip LED — abbiano alta efficienza e alta resa cromatica. L’efficienza la quantità di luce emessa (espressa in lumen, lm) per ogni unità di potenza elettrica consumata (espressa in Watt, W). Il primo chip LED accettabile oggi deve fornire almeno 100 lm/W come fa ad esempio il modello SMD 5050: un chip quadrato (5 mm x 5 mm) che ha anche un’ottima resa cromatica, ed è ormai venduto basso costo rendendo possibile la produzione di strisce di buona qualità a prezzi contenuti.

La resa cromatica, misurata dal suo indice Ra (o CRI usando l’acronimo inglese) è un indice adimensionale che varia da 0 a 100, dove 0 rappresenta il minimo e 100 indica il massimo di resa cromatica. In pratica, l’indice ci dice quanto naturali appaiano i colori degli oggetti illuminati dalla sorgente luminosa.

Le vecchie lampade a incandescenza ormai fuori mercato erano inefficienti, ma avevano altissima resa cromatica (Ra=100), che è uno dei motivi per cui continuano ad essere rimpiante da molti.

Nel caso delle sorgenti LED, l’indice Ra deve essere almeno pari a 80. E deve essere più elevato, e maggiore di 90, per l’illuminazione di oggetti come le opere d’arte o i gioielli esposti nelle vetrine.

Se vogliamo migliorare radicalmente l’efficienza, possiamo comperare una striscia con LED modello SMD 5630: fra i LED attualmente al top del mercato. Il flusso luminoso adesso è il doppio: ben 200 lm/W.

Ma adesso con una striscia di soli 5 metri, che contiene 300 LED, e un consumo di soli 96 W otteniamo 10.000 lumen di luce: una quantità di luce enorme (per avere un’idea, la vecchia lampada a incandescenza a bulbo da 100 W  che tenevamo una volta in cucina dava circa 1700 lumen di luce).

Per garantire la massima vita utile della striscia LED, è fondamentale che l’alimentazione dei LED avvenga attraverso un alimentatore a 24 Volt (e non a 12 V). In questo modo, infatti, è possibile dimezzare la corrente per ottenere il medesimo flusso luminoso che lo stesso chip LED emetterebbe se fosse alimentato a 12 V.

Secondo, la giusta temperatura di colore

Il secondo e fondamentale parametro per rendere gradevole l’illuminazione a LED è quello di scegliere LED che emettano luce bianca con valori della ‘temperatura di colore’ molto più bassi di quelli generalmente scelti nel corso del primo decennio dello sviluppo della tecnologia LED.

Questo significa scegliere luci calde, con temperature di colore di 3000 gradi Kelvin (K) e non con valori tipici della luce fredda di 5000 K o addirittura 6000 K che non si addicono ad alcun ambiente: né di lavoro né di vita, e che richiamano invece le luci spettrali dei neon dei magazzini o delle strade delle città italiane che passando dalla vecchia illuminazione con le lampade al sodio ai LED scelti con poca o nessuna cultura della luce hanno incontrato e incontrano il disappunto di cittadini e turisti.

Ed infatti, la striscia LED con chip SMD 5630 lunga 5 metri vista in alto, emette una splendida luce bianca calda e satura con temperatura di colore di 3000 K.

Terzo: Una striscia ben costruita

L’ultimo importante parametro da tenere presente nella scelta della striscia LED è relativo alle altre componenti della striscia oltre le sorgenti luminose: ovvero il sistema di isolamento e protezione dei LED e il sistema di dissipazione del calore.

L’isolante deve essere in guaina di gomma trasparente di alta qualità e non in silicone: un polimero che con il calore si ingiallisce ed irrigidisce rapidamente, perdendo luminosità e flessibilità con la conseguenza che cesserà di essere impermeabile rendendola inutilizzabile.

Riconoscere il tipo di isolamento è semplicissimo: la strip ricoperta di silicone è bombata e “morbida” al tatto sul lato curvo; quella inguainata è all’interno di un parallelepipedo gommoso e risulta libera di flettersi al suo interno.

È fondamentale, infine, installare la strip LED su apposito profilo in alluminio per favorire la rapida dissipazione del calore ed aumentare così la longevità, oltre che assicurare in questo modo la stabilità e perfetta aderenza della striscia al perimetro di installazione.

Adesso, siete pronti per commissionare adeguatamente la transizione dalle vecchie e costose tecnologie dell’illuminazione a quelle nuove: tanto belle quanto ecologiche (le sorgenti LED non emettono luce ultravioletta e nemmeno infrarossa) e dai bassissimi costi di esercizio.

Acqua ed energia: Ricchezza diffusa per il futuro della Sicilia

di Mario Pagliaro

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24-Gen-2018 – L’impetuoso sviluppo delle tecnologie, e il crollo dei costi registrato negli ultimi anni, consente già oggi ai siciliani di approvvigionarsi autonomamente di energia e di acqua pulite e a bassissimo costo. Tanto per gli usi domestici, che per quelli produttivi.

Lo verificheranno ad esempio fra qualche giorno docenti e studenti della scuola materna inaugurata il 15 Gennaio a Ragusa – l’antica masseria di Contrada Bruscè (foto da giornaleibleo.it) — che utilizza il tetto di 750 metri quadri per ospitarvi tanto i pannelli fotovoltaici che per captare la pioggia, poi gestita con un moderno sistema di recupero delle acque piovane.

C’è un modo semplice, infatti, e sorprendentemente efficace per approvvigionare di acqua tanto gli edifici che le campagne: dotarli dei sistemi di recupero dell’acqua piovana.

Sorprendente per i risultati concreti conseguiti in tutto il mondo, e per quelli teorici che ci dicono, ad esempio, che il 50% del fabbisogno idrico domestico di gran parte dei Paesi economicamente sviluppati, e una percentuale ancora più grande per quelli in via di sviluppo, può essere coperto raccogliendo e riutilizzando l’acqua piovana.

Generazione distribuita? Energia ed acqua gratuite dal cielo

Esattamente come avviene con i pannelli solari fotovoltaici e fototermici con i quali gli utenti degli edifici iniziano a generare dal sole l’elettricità, l’acqua e l’aria calda che gli servono, lo stesso avviene con l’acqua piovana: raccogliendone “ogni preziosa goccia” per usare lo slogan di una felice campagna di comunicazione di una municipalizzata italiana di qualche anno fa.

Tanto in città che in campagna la relazione con l’acqua piovana si ribalta: invece di vederla come una risorsa da ‘smaltire’ il più rapidamente possibile convogliandola attraverso i tombini alla rete fognaria che la porterà a mare, l’acqua piovana viene intercettata immediatamente dopo la sua caduta, in prossimità di dove sarà consumata, utilizzando l’ambiente costruito.

I serbatoi dove contenere l’acqua raccolta — invece che sui tetti come avviene in numerosi centri abitati della Sicilia – si spostano alla base degli edifici dove vengono progressivamente riempiti con l’acqua piovana proveniente proprio dal tetto: e non con quella fornita a giorni alterni dalla rete idrica e prelevata con una pompa elettrica (“il motorino’, in Sicilia).

In questo modo, si abbattono i costi per l’approvvigionamento idrico in misura pari al costo dell’acqua che si sarebbe prelevata dalla rete idrica; mentre la riduzione del prelievo di acqua dalla rete contribuisce a migliorare la qualità complessiva dei corpi idrici (invasi, laghi, fiumi, falde e pozzi).

Va bene anche per l’acqua potabile?

L’acqua piovana è la forma più pura di acqua presente nell’ambiente naturale: contiene infatti poche decine di milligrammi di residuo solido fisso, a fronte di valori che possono superare i 500 milligrammi per litro nell’acqua prelevata dalle reti idriche (il limite di legge è 1500 mg/l).

Tuttavia, dopo aver toccato il suolo — tipicamente sul tetto — l’acqua piovana si contamina rapidamente sciogliendo o semplicemente trascinando con sé possibili contaminanti organici (solventi, feci di uccelli, oli, pesticidi etc) e inorganici (metalli pesanti, silice, minerali ecc.).

Ma siamo nel 2018, e i moderni sistemi di recupero sono attrezzati per recuperare acqua piovana e restituirla come acqua priva di carica batterica e, se necessario, anche come acqua potabile come avviene in molti Paesi – ad esempio, in Ghana – dove la rete idrica e gli impianti di potabilizzazione sono carenti e la disponibilità di acqua potabile dunque limitata. 

Il recupero acque piovane nel 2018: sistemi semplici e avanzati

sistema_recupero

Nel dettaglio, un moderno sistema di recupero è composto da un serbatoio in cemento oppure in leggero e durevole polietilene (con capienza che tipicamente va da 3mila a oltre 40mila litri), e di un filtro a cestello per la rimozione tanto dei corpi solidi grossolani (rami, carta, fogliame, pietrisco ecc.) sia dei solidi fini (fango, limo, sabbia ecc.) che vengono trascinati nel dilavamento delle superfici.

Il serbatoio è tipicamente alimentato dalle acque convogliate dalle grondaie, con esclusione della raccolta del flusso iniziale (quello più ricco di sostanze inquinanti),

Per tutti gli usi non potabili, normalmente il sistema di recupero è collegato all’impianto idraulico dell’edificio tramite un gruppo di regolazione del flusso e pompaggio, che fa sì che l’acqua piovana recuperata venga così utilizzata per tutti gli usi che non richiedono acqua potabile.

Il 50 per cento del fabbisogno domestico

Nelle abitazioni civili di un Paese come l’Italia, una percentuale fino al 50 per cento del fabbisogno giornaliero d’acqua può essere fornito dal recupero delle acque piovane.

Ad esempio, in Sicilia il consumo giornaliero pro capite d’acqua potabile in una famiglia è intorno ai 150 litri a persona.

Nel dettaglio i dati dei consumi tratti dall’Ecosistema Urbano 2017 di Legambiente ci dicono che soltanto ad Agrigento, afflitta da annosi problemi idrici, si consumano poco più di 100 litri pro capite.

Capeggia Trapani, con 183 litri litri/abitante/giorno:

  1. Trapani: 183
  2. Siracusa 158
  3. Catania 151
  4. Messina: 146
  5. Ragusa: 142
  6. Palermo: 138
  7. Enna: 122
  8. Caltanissetta: 121
  9. Agrigento: 107

La tipologia dei consumi non è diversa da quella dell’Alto Adige, dove il consumo giornaliero pro capite è di 150 litri. Di questi circa 100 sono consumati fra servizi igienici e igiene del corpo. Il resto se ne va per lavare il bucato, le stoviglie, per innaffiare e per pulire la casa. Per cucinare e per bere, usi per cui è richiesta acqua potabile, si consumano circa 20 litri al giorno.

L’acqua piovana recuperata può essere dunque utilizzata per i servizi igienici, per innaffiare, e per la pulizia della casa e dell’auto. Con un trattamento minimo, come quello assicurato da alcuni filtri multi-stadio e dal debatterizzatore, l’acqua recuperata dalle piogge può anche essere usata anche nella lavatrice e nella lavastoviglie riducendo — e di molto — anche il consumo di detersivi. L’acqua piovana, infatti, ha un bassissimo contenuto di calcare.

In questo modo sarebbe possibile utilizzare circa 75 litri d’acqua piovana per persona al giorno con un risparmio di pregiata acqua potabile pari al 50 per cento dei consumi.

Recupero su scala urbana

Sono decine, in tutto il mondo, i casi in cui il recupero delle acque piovane è praticato con successo su scala urbana.

Per non andare troppo lontano, questi sistemi sono usati dalla gran parte dei 56mila residenti di Sant Cugat del Vallès, in Spagna, che a fronte di consumi individuali molto elevati e precipitazioni scarse (515 mm di pioggia, la media annuale), dal 2002 hanno iniziato a dotarsi di sistemi di recupero dell’acqua, molti dei quali sono equipaggiati con moderni sistemi di depurazione che forniscono acqua di qualità molto elevata.

La ex capitale del carbone tedesco, la città di Essen, 570mila abitanti, è stata European Green Capital 2017 anche grazie alle soluzioni adottate per trattenere le acque piovane all’interno delle aree verdi, pubbliche e private: trincee drenanti, tetti verdi e bacini di ritenzione e rinaturalizzazione.

Recupero delle acque piovane in agricoltura

Per far comprendere il potenziale dell’uso del recupero delle acque piovane in agricoltura basta un esempio.

Quello della provincia rurale di Gansu, in Cina, dove in soli 4 anni, fra il 1996 e il 2000, due milioni di persone hanno risolto la cronica carenza d’acqua (solo 300 mm di pioggia, concentrata in 3 mesi) grazie a 2 milioni e 200mila sistemi di recupero delle acque piovane la cui capienza complessiva, superiore ai 73 milioni di metri cubi, si è rivelata capace di fornire tanto l’acqua potabile che quella per l’ulteriore irrigazione di 236mila ettari di terreno.

Il governo provinciale ha semplicemente fornito ai contadini il cemento per realizzare le cisterne interrate.

Guidati fin dal 1996 dagli studiosi dell’Istituto di conservazione dell’acqua di Luzhou, capitale della provincia, i contadini hanno quindi realizzato i sistemi di recupero utilizzando come superfici captanti strade, cortili, tetti di case e fattorie, e persino le serre. In breve tempo, la crescita dei raccolti è stata mediamente del 40%.

Sicilia: Una Legge regionale sulla generazione distribuita

distribuzione_piogge_siciliaLa Sicilia ha il livello di piovosità più basso fra le 20 regioni italiane: una media di 716 mm nel lungo periodo compreso fra il 1921 e il 2005, con fortissime variazioni all’interno di quella che è una vera e propria isola-nazione (immagine del Servizio Informativo Agrometeorologico Siciliano); i massimi livelli di irraggiamento solare del Paese; e un enorme patrimonio immobiliare secondo, e di poco, solo a quello della Lombardia: 1.722.072 edifici.

Sono le condizioni ideali per ricorrere alla generazione distribuita su larga scala, utilizzando il patrimonio edilizio per intercettare il flusso di energia e di acqua che ogni anno lo raggiunge.

Per farlo su scala regionale, serve una Legge regionale all’avanguardia — approvata col sostegno di tutte le forze politiche — per portare la generazione distribuita di acqua ed energia a tutti: partendo dai meno abbienti e da chi risiede nelle isole minori.

Occorre agire su due fronti: uno che riguarda famiglie e imprese. E l’altro che riguarda l’intero sistema. L’obiettivo è lo stesso: la libertà energetica che in Sicilia sarà raggiunta molto prima che nel resto del Paese.

Oggi, la gran parte delle famiglie e delle aziende siciliane non può installare un impianto solare sul tetto o sulla facciata a causa dei vincoli di tutela paesaggistici o storico-artistici.

Siamo il Paese che ha inventato le tegole fotovoltaiche, ed abbiamo realizzato impianti solari sugli edifici che vengono studiati in tutto il mondo. Ma non lo sa nessuno.

gela_tegole_fvChi sa ad esempio che a Gela, il tetto della ex Chiesa di S. Giovanni Battista, rifatto insieme agli interni nel 2015, è realizzato con eleganti quanto efficienti tegole fotovoltaiche in cotto che in pieno sole generano una potenza di picco di 6 kW (chilowatt)?

La nuova Legge conterrà dunque le Linee guida per l’integrazione architettonica e paesaggistica degli impianti solari e di quelli per il recupero delle acque piovane. Dopo, realizzare un impianto solare a Pantelleria o nel centro di Catania diverrà semplice come procedere alla ristrutturazione del proprio appartamento.

Nel Dicembre del 2013 un grande dirigente sportivo e pallanuotista contro cui abbiamo avuto il privilegio di giocare — Francesco Scuderi — perse la vita cadendo dal tetto di una piscina di Catania sul quale era salito per controllare le infiltrazioni d’acqua dovute alla pioggia battente.

guaina_fotovoltaicaTutti gli impianti sportivi siciliani — richiederà la nuova Legge regionale finanziandoli con una piccola parte delle enormi risorse comunitarie dedicate ogni anno alle energie rinnovabili — dovranno avere sul tetto la guaina fotovoltaica (nella foto con l’Etna sullo sfondo, un impianto fotovoltaico su guaina a Piano Tavola): che azzera le infiltrazioni, produce grandi quantità di elettricità proprio lì dove serve, ed è perfetta per convogliare l’acqua piovana al sistema di recupero dell’acqua della pioggia.

La Legge, sarebbe bello che fosse dedicata alla sua memoria.

Luci ed ombre della nuova Strategia energetica nazionale

di Francesco Meneguzzo

84ba5398064fdfb214e775d5d2781b14_XLFirenze e Palermo, 10-Nov-17 Dopo un’ampia fase di consultazione pubblica sul testo che ha visto pervenire a Governo e Parlamento oltre 300 commenti, è stata presentata oggi a Palazzo Chigi la Strategia Energetica Nazionale. Obiettivi del Governo: competitività, tutela dell’ambiente.  Abbiamo chiesto un commento a Mario Pagliaro con il cui Gruppo di ricerca al Cnr abbiamo dedicato numerosi studi ai profondi cambiamenti del sistema energetico italiano nel corso dell’ultimo decennio.

Quali sono i punti di forza della nuova Sen?

Il primo è il fatto stesso che esista: mentre la Germania ha la sua Energiewende da oltre un decennio, l’Italia non ha fatto per troppo tempo programmazione energetica pubblica, quando per evidenti motivi di ordine economico e ambientale, si tratta di un tema centrale per il Paese, e per tutti i Governi che verranno. L’altro è l’uscita dal carbone, utilizzato ad esempio a Civitavecchia e a Brindisi, entro il 2025.

E quelli di debolezza?

La timidezza nel promuovere lo sviluppo delle fonti rinnovabili: vento, acqua, sole e terra, il cui impetuoso sviluppo nel corso degli ultimi dieci anni ha radicalmente cambiato la generazione elettrica in Italia, molto al di là delle più rosee previsioni. E’ del tutto possibile puntare ad una piena transizione energetica alle fonti rinnovabili al 2050, ma questa deve essere programmata in modo dettagliato e progressivo. Esattamente come stanno facendo in Germania: rispetto alla quale noi abbiamo risorse molto superiori tanto nella fonte solare che in quella geotermica.

Competitività e sicurezza. Le sembra che la nuova SEN promuova la competitività e la sicurezza del nostro sistema produttivo?

Sì: l’ulteriore sviluppo della generazione da fonti rinnovabili farà diminuire ulteriormente il Prezzo unico nazionale dell’elettricità, e abbasserà ancora le importazioni di petrolio e gas. Quanto alla sicurezza del sistema, è stata proprio la drastica espansione del parco energetico nazionale a fonti rinnovabili a consentirci di affrontare senza problemi tanto i picchi di domanda estivi dovuti al grande caldo, che la diminuzione delle importazioni di elettricità dalla Francia. Ad esempio, le due centrali a carbone di Genova e Gualdo Cattaneo che il Governo ha chiesto negli scorsi mesi di tenere aperte prevedendo una domanda che poi non si è verificata, non sono mai entrate in funzione.

Se dovesse dare un consiglio al Governo: questo, ma anche quello che verrà fra pochi mesi, quali sarebbero la priorità?

Gliene darei due, egualmente importanti. Il primo è quello adottare nuove politiche che favoriscano l’autoconsumo di famiglie e imprese grazie al fotovoltaico, al minieolico, al geotermico e al solare termico eliminando difficoltà regolatorie ottocentesche, attraverso avanzate Linee guida che spieghino come realizzare gli impianti, oggi divenuti capaci di tutelare generazione energetica e tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico. L’altra è quella di investire subito risorse pubbliche nella produzione dei sistemi di accumulo agli ioni di litio. Esattamente come avvenuto con le due società controllate dallo Stato, che a Catania costruirono in partnership con i giapponesi quello che è oggi il più grande stabilimento nazionale per la produzione di moduli fotovoltaici. L’Italia non può restare fuori da questo settore.

“Accelerare subito la transizione energetica”

di Mario Pagliaro

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Livorno colpita dal nubrifragio la notte fra il 9 e il 10 Settembre 2017. Fonte: gazzettadilivorno.it

S. Miniato, 10-Sett-2017 – Duecentocinquanta millimetri di acqua piovana caduti in poco più di due ore devastano Livorno e altre zone della Toscana, causando numerose vittime e danni ingenti a edifici, strade e impianti di svariata natura. Idem a Roma, dove non ci sono vittime ma si registrano numerosi danni.

Abbiamo intervistato Francesco Meneguzzo, che oltre ad essere uno dei maggiori fisici  italiani ha dato importanti contributi alla meteorologia ed ha svolto un ruolo chiave nella fondazione del LaMMA, il centro di eccellenza meteo nato dalla partnership fra Cnr e Regione Toscana.

A cosa è dovuta questa ennesima tragedia?
La tragedia di Livorno è interamente dovuta al cambiamento climatico: la temperatura del mare è cresciuta di 3 gradi. E siccome, esattamente come trovammo 20 anni fa, la relazione fra temperatura dell’acqua del mare e intensità della pioggia è esponenziale, cresce cioè, in modo rapidissimo all’aumentare della variabile temperatura, ecco spiegata anche questa nuova disgrazia.

Può spiegare ulteriormente questa relazione e le sue conseguenze?
Da più di 20 anni la scienza ha dimostrato la stretta relazione tra temperatura dell’atmosfera e intensità delle piogge estreme. Per l’Italia, è rappresentativa la temperatura del mare, che in questi giorni è quasi 3 gradi superiore alla media storica.

All’aumento di un solo grado della temperatura corrisponde un aumento di oltre il 7% della capacità dell’atmosfera di trattenere vapore acqueo, per cui a 3 gradi in più corrisponde almeno il 25% in più di vapore sostenibile in atmosfera.

Il vapore contenuto nell’atmosfera in un dato momento corrisponde alla potenzialità della precipitazione, per cui è “normale” che un’intensa perturbazione oggi porti a nubifragi almeno il 25% più intensi che in passato. Poiché, infine, i danni al suolo si verificano soltanto se l’acqua esce dal suo alveo (fiume, fognatura, ecc), è chiaro che i danni sono non soltanto molto più gravi ma anche molto più probabili in occasione di ogni nubifragio.

Quindi, cosa resta da fare?
Due cose, che sono anche qui le più importanti: protezione e prevenzione.

Protezione, ovvero mitigazione del rischio, cercando predisporre il territorio a ricevere e gestire, per quanto possibile, queste precipitazioni estreme tenendo conto che poiché il mare ha già immagazzinato un potenziale di riscaldamento almeno altrettanto grande di quello già avvenuto, la tendenza a eventi estremi sempre più intensi non potrà che continuare a lungo: per alcuni decenni.

Prevenzione, concentrando le risorse sulla transizione energetica dalle fonti fossili a quelle rinnovabili. E’ l’unico modo che abbiamo per evitare esiti ancora peggiori (vite umane, danni e costi esorbitanti e non ripagabili): la riconversione accelerata dell’economia all’economia solare, ovvero a bassissime emissioni, fondata sulle fonti di energia rinnovabile: acqua, vento e luce solare.

“Il solare per tutti: Dai centri storici alle aree protette”

Si è svolto a Menfi la mattina del 22 Settembre presso l’Aula consiliare del Comune il convegno “Il solare per tutti: Dai centri storici alle aree protette“. Dopo l’indirizzo di saluto dell’Assessore al territorio, ambiente ed energie rinnovabili,  Rosa Sanzone, sono intervenuti Mario Pagliaro, del Cnr, che parlato dell’evoluzione delle tecnologie del solare, divenute capaci di integrarsi nei più diversi contesti, dai sistemi di illuminazione per esterni, al capping delle discariche, fino ai tetti degli edifici di più alto pregio architettonico, e Sabrina Cunial, di Industrie Cotto Possagno, che ha parlato della soluzione dei coppi e delle tegole fotovoltaiche in cotto come strumenti efficaci per coniugare la generazione di energia pulita con la tutelare del patrimonio architettonico italiano. Numerosissime le domande del pubblico presente in Sala.

 

Contesto e obiettivi del convegno

In Sicilia sono installati quasi 50mila impianti fotovoltaici, per una potenza complessiva che nel 2016 ha toccato i 1344 MW: ovvero, in condizioni di pieno sole, la potenza equivalente a quella della centrale termoelettrica di Termini Imerese ‘Ettore Majorana’ che a pieno regime raggiunge una potenza di 1340 MW.

In breve, nel corso del ultimi dieci anni il costo degli impianti fotovoltaici è crollato. E la Sicilia è in piena economia solare con famiglie e imprese che, se potessero, ricorrerebbero in massa all’energia del sole per autoprodurre tutta o parte dell’elettricità che consumano.

Eppure non possono, o possono solamente dopo iter autorizzativi estenuanti. In buona parte del territorio siciliano, infatti, vige il divieto di installare impianti fotovoltaici sui tetti degli edifici a causa dei vincoli di tutela del patrimonio paesaggistico o storico-artistico.

Eppure, le nuove tecnologie del solare da anni sono divenute tanto belle ed eleganti quanto efficienti ed affidabili dal punto di vista delle prestazioni energetiche.

Marcello Carapezza: Declinare il presente al futuro

di Mario Pagliaro

7885-3Palermo, 2-Sett-2017. “Tu, traditore, mi avevi promesso che saresti passato a Filosofia e invece sei rimasto a Chimica“.

Si apre così la splendida antologia di scritti di Marcello Carapezza su ‘terremoti, vulcani e statue’ curata dal suo allievo Franco Foresta Martin (poi divenuto fra i maggiori giornalisti scientifici italiani) per i tipi della Sellerio, Molti fuochi ardono sotto il suolo, raccontando la conclusione del comizio elettorale di Gino Ferretti, filosofo catanese cattedratico di pedagogia a Palermo e candidato alle elezioni politiche del 1948 con il Blocco del Popolo che un anno prima aveva vinto le elezioni regionali con oltre il 30% dei suffragi.

Appassionato anche delle discipline umanistiche, Carapezza ne aveva frequentato a lungo le lezioni pur essendo iscritto a Chimica.

Di una sorpresa simile nell’apprendere da Marcello era iscritto a Chimica e non in una facoltà umanistica, scrive Andrea Camilleri nell’introduzione: agrigentino, iscritto a Lettere nel gennaio 1944 dopo la breve chiusura dell’Università di Palermo in seguito alla rapida conquista della Sicilia avvenuta nell’estate del ’43, Camilleri frequenterà Carapezza assiduamente dal 1944 al 1948.

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Nell’immagine: Marcello Carapezza, 1986. © Immagine: http://www.giulianobriganti.it

Sono molti i meriti di questa selezione di scritti, relazioni a congresso ed editoriali del grande geochimico e intellettuale siciliano Marcello Carapezza. Fra di essi, la pubblicazione — finora rimasta inedita — della sorprendente storia della Geologia siciliana del XIX secolo, segnata dai Gemmellaro, una famiglia di Nicolosi che darà alle scienze della terra autentici giganti come Carlo, il figlio Gaetano Giorgio e poi Mariano.

A trent’anni esatti dalla scomparsa di Carapezza, avvenuta a Petralia Sottana il 2 settembre del 1987, il merito più grande di questo libro è però un altro. Ed è quello di disvelare la figura di Carapezza come un classico che, guidato dal passato, ha immaginato e contribuito a creare un futuro migliore per la Sicilia e per l’Italia.

Solo i classici, infatti, resistono all’usura del tempo. E solo la lettura dei classici, a decenni di distanza, continua a produrre un senso di freschezza e profondità che li rende da un lato immuni dal passare del tempo. E dall’altro, fonti di ispirazione per il futuro.

Parigi, sede dell’Unesco, 1976. Un delegato americano chiede al collega cinese riferendosi al loro sistema di previsione dei terremoti basato sul coinvolgimento dell’intera popolazione che partecipa attraverso l’osservazione del comportamento degli animali, del livello dell’acqua nei pozzi, del volume d’acqua nelle sorgenti, e dei sollevamenti piccoli ma misurabili che avvengono prima di un terremoto: “Ma quale grado di affidabilità ha la vostra osservazione sugli animali?“,

Nessuna, giacché il mio cane può essere nervoso perché è innamorato, perché gli ho dato poco cibo o perché non sono stato gentile con lui. Però se, assieme a me, un milione di persone segnala il nervosismo di un cane, allora è davvero un segno precursore di terremoto“. E con questa sottile ironia, scrive Carapezza, il cinese aveva spiegato in poche parole la legge dei grandi numeri.

Palermo? “Galleggia praticamente sui fossili“.

Il metanodotto fra Algeria e Sicilia, che portando il gas a Mazara del Vallo consentirà all’Italia di far passare buona parte del suo fabbisogno energetico primario dal petrolio al gas naturale? “E’ appoggiato su due coni vulcanici la cui profondità è di circa 500 metri sotto il livello del mare…senza non sarebbe stato realizzabile“.

Le vittime dell’Etna nella sua millenaria attività? Pochissime. “Nel nostro secolo due nel 1929 e nove nel 1979“, scrive Carapezza. “E in ambedue i casi le disgrazie avvennero sul cratere centrale per avere sfidato il vulcano in un luogo e in un tempo di più elevato rischio“.

Primavera 1983, Etna. Carapezza, Barberi e i Genieri dell’Esercito preparano e realizzano una trappola alla colata che sta per travolgere proprio la città dei Gemmellaro, Nicolosi. Alle 4 del mattino del 14 maggio, il Genio militare fa esplodere decine di cariche di tritolo contenute in tubi inseriti all’interno dell’argine naturale della colata. Lentamente, la colata — che è un fluido dalle proprietà reologiche assolutamente uniche e fino ad allora mai testate su questa scala — devia il suo corso all’interno di un percorso costruito dai Genieri.

Il vulcano, dopotutto, fa il suo dovere: erutta… dopo l’eruzione del 1669 e il terremoto del 1693, Catania fu distrutta. Eppure la città è risorta…Perché allora intervenire?” scrive risentito su l’Espresso Giovanni Maria Pace, cui fa eco Antonio Cederna: “I progetti per deviare il corso naturale della lava sono una clamorosa manifestazione di arroganza umana“.

“Anandroecologia, ecologia senza l’uomo“: li fulmina Carapezza, in un monito che risuona limpido 30 anni dopo quando simili tesi hanno preso il nome di “decrescita“.

Come prevedere le eruzioni, racconta Carapezza, invece lo scoprì il chimico ligure Ludovico Sicardi giunto a Vulcano nel 1922 per valutare le opportunità di business (zolfo, allume…) dell’azienda settentrionale che ve lo aveva inviato.

Sicardi, scrive Carapezza, aveva una preparazione chimica formidabile e restò sconcertato dalle fumarole del gran cratere dell’isola eoliana. Così si dimette, e con i proventi della liquidazione inizia ad acquistare una serie di strumenti come i misuratori del gas di città che riadatta e fa diventare misuratori di flussi, accanto a separatori di gas ottenuti da tubi in vetro e altri strumenti che “sarebbero stati reinventati due o tre decenni dopo in Giappone, America e Unione Sovietica“.

Dicembre 1977: Vulcano torna a farsi minaccioso, con le fumarole che innalzano flusso e temperatura, variando di composizione. Il team di Carapezza all’Università di Palermo scopre i lavori pubblicati da Sicardi negli anni ’40, rimasti pressoché sconosciuti, che formano le basi dell’approccio chimico alle previsioni vulcanologiche.

Un tema centrale delle ricerche del professore Carapezza e del suo Gruppo di ricerca, dal quale nasceranno le moderni reti di monitoraggio vulcanico oggi attive su buona parte del territorio nazionale interessato da fenomeni vulcanici.

Pochi anni dopo, il pro-rettore Carapezza chiama il centralino Sip (la Società idroelettrica piemontese nazionalizzata nel ’33 e trasformata nella grande società di telefonia nazionale). “Mi sa dire se a Torino risulta residente Ludovico Sicardi?“. Ottiene alcuni numeri telefonici. Alla terza chiamata risponde il nipote, che lo mette in contatto con la moglie di Sicardi, Zoe, residente a Sanremo.

Due giorni dopo Carapezza è a Sanremo. La moglie di Sicardi gli dona l’intero patrimonio scientifico del marito: fotografie, mappe, dattiloscritti e apparecchi. Oggi è in mostra presso la “Sala Sicardi” del Museo vulcanologico di Lipari.

Una piccola foto di Stromboli in eruzione, quadro di Guttuso del 1955, è la degna illustrazione presentazione a questo bellissimo libro.

Non fece in tempo, Marcello, a vedere il dispiegarsi globale dell’energia solare, e del fotovoltaico in particolare. Ma vide i tecnici delle Partecipazioni statali (fra cui, ovviamente, l’Enel) costruire nel 1984 proprio a Vulcano una centrale solare fotovoltaica con pannelli in silicio cristallino al 6% di efficienza costruiti da una controllata dell’Iri proprio a poca distanza dalla casa di Sicardi.

Cosa cercavano i tecnici dell’Enel, costruendo una centrale da 80 kW (chilowatt) collegata tanto ad un sistema di batterie che ad una piccola rete elettrica in una piccola isola sede di attività vulcanica?

Volevano capire se si trattava di una tecnologia affidabile anche per la generazione elettrica. E sarà proprio questo impianto, monitorato ogni anno dai tecnici del Cesi di Milano, a dimostrare al mondo che la generazione elettrica fotovoltaica su terreno era una tecnologia di straordinaria affidabilità. E oggi i cinesi installano in pochi mesi centrali da oltre 1 miliardo di Watt, sapendo che dureranno decenni, con pannelli che hanno raggiunto e superato il 20% di efficienza nella conversione fotovoltaica.

Marcello-CarapezzaDella Sicilia“, ci raccontava il giornalista Salvo Sottile intervenendo al Cnr nel 2002, “al mio direttore al telegiornale interessano solo tre cose: la mafia, i delitti di onore, e l’Etna in eruzione“.

Carapezza, che in Sicilia ha vissuto e lavorato insieme ad esempio a Sciascia mantenendo un legame profondo con Guttuso conosciuto da giovane in Sicilia, ne avrebbe sorriso.

Dalla Sicilia avrebbe donato all’Italia l’approccio geochimico alla vulcanologia che valorizzato dal Cnr nel 1980 con la fondazione dell’Istituto di geochimica dei fluidi è ancora oggi alla base del sistema di monitoraggio e di allerta che presiede alla sicurezza di milioni di persone, fra cui i connazionali che vivono non distante dal Vesuvio, un vulcano esplosivo.

Gino Ferretti ne sarebbe contento: fece bene, Marcello, a laurearsi in Chimica.

Per saperne di più

Il ricordo pubblico “Marcello Carapezza. Scienziato umanista“, allo Steri di Palermo, il 18 Settembre 2017, ore 17.

M. Pagliaro, “Of sea urchins, volcanoes, earthquakes … and engagement”: Marcello Carapezza, Alberto Monroy, and Italy’s University System“, Science in Context, 20 (2007) 679-691.

Sicilia ed Italia, l’energia solare per tutti

di Francesco Meneguzzo e Mario Pagliaro

Palermo e Firenze, 26-Ago-2017. “C’è abbastanza sole per tutti“. Così il romanziere siciliano Ottavio Cappellani intervenendo a SuNEC 2013 sintetizzò in modo tanto breve quanto definitivo il futuro energetico comune: l’energia solare.

E ora che il costo degli impianti che convertono l’energia solare in elettricità o in calore è crollato divenendo accessibile alla gran parte della popolazione, sono due gli ostacoli che in Sicilia e nel resto d’Italia occorre superare per portare concretamente a tutti l’energia solare.

I divieti; e la poca conoscenza diffusa del solare.

Ed ecco perché — partendo dalla regione più grande e soleggiata d’Italia — ognuna delle 20 regioni italiane dovrà dotarsi rapidamente della propria legge regionale: “Misure per la promozione della generazione distribuita dalle fonti energetiche rinnovabili nel territorio regionale“.

Solare, dal divieto alla promozione

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Figura 1. Tetto in cotto fotovoltaico in centro storico a pochi m dal Lago di Garda.

Installare un impianto fotovoltaico o uno fototermico sul tetto o sulla facciata di case, aziende ed edifici pubblici è vietato in buona parte del territorio siciliano ed italiano.

Sede del maggior patrimonio storico-artistico al mondo, Sicilia ed Italia consentono l’installazione degli impianti solari solo sugli edifici che non ricadono in zone non sottoposte a tutela storico-artistica o paesaggistica-ambientale.

Che in Italia, sono una piccola frazione del territorio.

In tutti gli altri casi, occorre passare per l’autorizzazione preventiva delle Soprintendenze, che in Sicilia peraltro sono organi dell’amministrazione regionale, e non statale.

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Figura 2. Siracusa, Fontane Bianche, casa con tetto in cotto fotovoltaico.

L’iter autorizzativo è lungo ed incerto, ed esiste ormai una vasta giurisprudenza che da Nord al Sud racconta del conflitto fra cittadini ed imprese interessati a liberarsi o a ridurre le bollette dell’energia grazie al solare da un lato, e le Soprintendenze interessate alla tutela del territorio e del patrimonio storico e artistico dall’altro.

Giurisprudenza che peraltro sembra spostarsi dalla tutela del paesaggio a quella dell’ambiente, grazie ai benefici ambientali delle fonti rinnovabili e alla ormai diffusa sensibilità sociale ai temi ambientali. Ma alla fine del 2017, non esiste più alcun conflitto fra energia solare e bellezza.

E questo proprio grazie alle imprese, i progettisti ed i tecnologi italiani a realizzare le soluzioni tecnologiche e progettuali che hanno abbellito e migliorato le tecnologie del solare donandogli la piena capacità di integrarsi con la bellezza del patrimonio architettonico, storico, monumentale e persino archeologico che è parte integrante della millenaria eredità dell’Italia.

Al solito, in Italia economia e società si ignorano. E capita di dover leggere di aziende estere pronte a lanciare a fine 2017 le loro “tegole fotovoltaiche”, quando in Sicilia e in Italia le coperture in cotto fotovoltaiche sono prodotte ed installate con straordinari quanto sconosciuti risultati da oltre 10 anni.

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Figura 3. Gela: Il tetto in cotto fotovoltaico
della ex Chiesa di San Giovanni Battista.

Dalle case a pochi metri dal mare di Siracusa a Fontane Bianche, alla ex Chiesa di San Giovanni a Gela, passando per le tegole policromatiche di Palazzo ‘Arnone’ a Cosenza o per le abitazioni del centro storico di Lago di Garda o nelle ville della campagne della Toscana, sono decine gli edifici italiani ad ospitare sul tetto tegole o coppi fotovoltaici tanto belli quanto efficienti dal punto di vista energetico e funzionale.

Analogamente, sono decine le abitazioni sui cui tetti sorgono impianti fototermici a circolazione naturale inventati in Italia con il boiler piatto e colorato per armonizzarsi col tetto in cotto, e il collettore costituito da tubi vetrati sottovuoto pressoché invisibili.

In breve, non esiste più alcun conflitto fra tecnologie del solare e bellezza. Il solare è una tecnologia intrinsecamente versatile che attendeva solo che vi agisse il gusto e l’amore per la bellezza che, dalla moda all’artigianato, fanno grande nel mondo il Made in Italy.

Ma nessuno le conosce, queste soluzioni.

Si ignora che l’Italia fece da apripista partecipando insieme alla Germania al progetto comunitario PVAccept per l’integrazione del solare persino nei siti monumentali ed archeologici; ci si dimentica che le isole minori della Sicilia hanno fatto da pionieri nel solare a livello mondiale; si ignorano le tante realizzazioni fatte su edifici storici, musei, giardini e siti monumentali in tutta Italia: dai Giardini Torrigiani a Firenze al Museo dei Bambini di Roma, così come ogni volta si dimenticano gli esiti delle partnership fra Paesi del Mediterraneo finalizzate proprio a sostenere e diffondere la diffusione del solare nei centri urbani come nelle isole minori.

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Figura 4. Cosenza: Palazzo Arnone con in primo piano la falda a Sud realizzata con tegole fotovoltaiche

Ed ecco perché è necessario che in ogni regione tecnologi ed esperti supportino i Consigli e i Parlamenti regionali per dare alle Regioni italiane leggi all’avanguardia che, rimuovendo i divieti, indichino ai cittadini e alle imprese cosa fare, e come farlo, per solarizzare gli edifici e portare a tutti — partendo dai più bisognosi — i benefici economici e ambientali dell’energia solare, e fare concretamente della generazione distribuita il volano del nuovo sviluppo dell’Italia e della Sicilia.

Colmare il deficit di conoscenze

A partire da chi dovrebbe occuparsene tecnicamente, la mancanza di conoscenze diffuse e aggiornate sul solare è un tratto comune al corpo sociale italiano, diffusa dal Nord al Sud della penisola.

Il primo iscritto ai corsi del Polo solare siciliano, nel 2009, proveniva da Bolzano. Dieci anni dopo, la gran parte dei tecnologi e dei progettisti italiani non ha mai sentito parlare di fototermico ad aria; non sa del vetro fotovoltaico installato sugli alberghi della Costiera amalfitana così come in Calabria; non sa o ha mai visto una guaina fotovoltaica con moduli flessibili di efficienza prossima al 18%; non ha chiaro quale sia il potenziale dell’illuminazione pubblica ad energia solare; e non sa che l’Italia utilizza un sistema per la previsione della produzione energetica da fonti rinnovabili basato sulle previsioni meteo che fa scuola nel mondo.

E tanto, tanto altro.

Da parte loro, la quasi totalità degli amministratori locali, incluse le aziende municipalizzate o regionali che gestiscono con grandi costi economici le discariche esauste dei rifiuti, è convinta che con la fine degli incentivi pubblici del Conto Energia, produrre energia fotovoltaica non comporti alcun beneficio economico.

I cittadini confondono gli impianti fotovoltaici con quelli fototermici. Nel 2017 la gran parte dei lidi e degli agriturismi italiani invece di usare l’energia solare per generare gratis l’acqua calda di docce e piscine, continua a bruciare parte significativa dei loro ricavi bruciando combustibile.

La quasi totalità dei cittadini, poi, è convinta che il fotovoltaico sia ormai una questione conclusa: non sa che, grazie al fotovoltaico e all’eolico, il prezzo dell’elettricità in Italia è passato dagli 86 euro per mille kWh (chilowattora) del 2008 ai 42 del 2016. E non sa che negli ultimi due anni (2015 e 2016) in Italia sono stati realizzati 180mila impianti solari fotovoltaici, pari al 25% di tutti quelli installati in precedenza, con un aumento della produzione elettrica fotovoltaica che solo nei primi 7 mesi del 2017 è stato dell’11%.

Ma che è un aumento quasi insignificante, rispetto al gigantesco potenziale italiano di generazione fotovoltaica, dovuto all’enorme patrimonio edilizio che resta pressoché interamente non solarizzato (500mila abitazioni mono e bi-familiari hanno l’impianto fotovoltaico, a fronte di 11 milioni di abitazioni bi- e monofamiliari; e questo senza considerare i condomini nelle grandi città che erano e restano pressoché tutti privi di un impianto fotovoltaico che li liberebbe da spese annuali significative).

Men che mai, si ha una visione chiara di cosa stia avvenendo nel mondo, dove solo la Cina da sola ha installato e collegato alla rete nei primi 7 mesi dell’anno in corso 35 GW di potenza fotovoltaica: ovvero 600mila pannelli al giorno; mentre in India continuano le aste per i grandi impianti fotovoltaici che hanno portato il costo del kWh solare molto al di sotto di quello generato bruciando carbone, portando il governo indiano a cancellare molti progetti per nuove centrali a carbone.

Eppure, ancora una volta, è l’Italia che ospita alcuni dei maggiori esperti a livello internazionale di rinnovabili ed efficienza energetica. Dai corsi del Polo Solare del Lazio a quelli del Politecnico di Milano passando per quelli di CasaClima a Bolzano, sono in molti ad essere venuti in Italia a formarsi dall’estero. Mentre Legambiente ogni anno racconta come migliaia di Comuni continuino ad espandere la produzione di energia rinnovabile nei loro territori.

Abbiamo già argomentato sulla letteratura scientifica internazionale come e perché all’alba dell’era solare sarà proprio la Sicilia ad ospitare innovativi corsi avanzati sul solare e sul management dell’energia, in cui l’energia solare è finalmente inquadrata come elemento strategico allo sviluppo comune delle nazioni di tutto il mondo.

Serve dunque una nuova leva di giovani tecnologi, progettisti, manager ed esperti dell’energia solare capaci di trasferire concretamente all’interno dei loro territori e delle loro comunità una comprensione nuova e aggiornata dell’energia solare.

Ed ecco perché in tutte le 20 regioni italiane dovranno sorgere istituti pubblici di ricerca e formazione sul solare e sulle nuove tecnologie dell’energia come mostrò il Lazio dieci anni fa fondando all’Università di Tor Vergata il Polo solare regionale, il cui direttore interverrà pochi mesi dopo a Bagheria alla presentazione di quello siciliano.

Solare, il concreto futuro comune

Le leggi regionali per la generazione distribuita, in breve, non conterranno solo misure di semplificazione e Linee guida per realizzare impianti ad energia rinnovabile belli, efficienti e pienamente compatibili con il territorio e il paesaggio.

Ma anche concrete misure per dotare le regioni di quegli istituti con cui dispiegare le nuove politiche della transizione energetica: quella che dovrà portarci nei prossimi anni alla sostituzione integrale delle fonti fossili con quelle rinnovabili perché, come spiegò profetico Hermann Scheer:

Discutere la questione energetica come una questione a sé stante è un’illusione intellettuale. Le emissioni di CO2 non sono il solo problema dell’energia fossile. La contaminazione radioattiva non è il solo problema dell’energia atomica. Moltissimi altri pericoli sono causati dalle energie fossili ed atomica: dalle città inquinate all’erosione delle aree rurali; dall’inquinamento dell’acqua alla desertificazione; dalle migrazioni di massa agli insediamenti urbani sovra popolati fino al declino della sicurezza degli individui e degli stati. Poiché è l’attuale sistema energetico che giace alla radice di questi problemi, le fonti rinnovabili sono la soluzione di tutti questi problemi.

In Italia la soluzione della questione energetica in Italia è semplice: energia solare per tutti, e per tutti gli usi finali dell’energia, attraverso una strategia chiara che punti al 100% di produzione da sole, acqua e vento; e all’autonomia energetica.

Solarizzando i tetti disponibili delle case mono e bifamiliari e dei capannoni installeremo circa 100 GW addizionali, ovvero potenza sufficiente a produrre ogni anno circa 130 miliardi di kWh, pari al 41% del fabbisogno elettrico italiano (314 miliardi di kWh l’anno scorso).

Si tratta di 10,5 milioni (su un totale di 11 milioni) di tetti di case mono e bifamiliari ancora sprovviste di impianto fotovoltaico, e di 1 milione di tetti di capannoni industriali.

E’ questo l’enorme giacimento energetico italiano, che non non solo non si esaurirà come fanno i giacimenti di gas e petrolio, ma che farà cessare l’inquinamento atmosferico e delle acque, e la dipendenza energetica dalle fonti fossili di altri Paesi, oltre che gli altri gravi problemi sociali e politici identificati quasi profeticamente da Scheer molti anni anni prima del loro manifestarsi.

Nel mondo, grandi città come Amsterdam, Londra, Monaco, New York, Seul e Tokyo, pianificano la transizione energetica attraverso la solarizzazione di massa degli edifici, ed hanno già commissionato gli studi di fattibilità tecnica ed economica; mentre sono decine gli Stati che hanno fatto lo stesso, commissionando gli studi per la piena transizione alle rinnovabili al 2050.

L’Italia non può restare, e non resterà, indietro. Partendo dai territori e dalle persone, come ha insegnato Giuseppe De Rita, è possibile e realistico — oltre che conveniente per tutti — programmare e realizzare la solarizzazione completa degli edifici italiani, inclusi ovviamente i condomini gli edifici al di fuori delle aree sottoposte a tutela, e fare dell’autoproduzione e dell’autoconsumo dell’energia il modo concreto con cui realizzare il nuovo sviluppo economico italiano.

Per saperne di più

1. M. Pagliaro, G. Palmisano, R. Ciriminna, BIPV: merging the photovoltaic with the construction industry” Progress in Photovoltaics Research and Applications 18 (2010) 61-72. http://dx.doi.org/10.1002/pip.920

2. J. Byrne, J. Taminiau, J. Seo, J. Lee, S. Shin, Are solar cities feasible? A review of current research, International Journal of Urban Sciences, (2017), http://dx.doi.org/10.1080/12265934.2017.1331750

3. R. Ciriminna, M. Pagliaro, F. Meneguzzo, M. Pecoraino, Solar energy for Sicily’s remote islands: On the route from fossil to renewable energy, International Journal of Sustainable Built Environment 5 (2016) 132-140. http://dx.doi.org/10.1016/j.ijsbe.2016.04.003

4. M Pagliaro, F Meneguzzo, F Zabini, R Ciriminna, Assessment of the minimum value of photovoltaic electricity in Italy, Energy Science & Engineering 2 (2014) 94-105. http://dx.doi.org/10.1002/ese3.36

5. R Ciriminna, F Meneguzzo, L Albanese, M Pagliaro, Guidelines for integrating solar energy in Sicily’s buildings, Green 5 (1-6), 73-82. 73-82. http://dx.doi.org/10.1515/green-2015-0014

6. R. Ciriminna, F .Meneguzzo, L. Albanese, M. Pagliaro, Solar street lighting: a key technology en route to sustainability, Wiley Interdisciplinary Reviews: Energy and Environment 6 (2017) e218. http://dx.doi.org/10.1002/wene.218